Il punto di partenza di questa creazione è stato un quadro di Giorgio De Chirico,“II ritorno di Ulisse” e il protagonista del suo romanzo “Ebdòmeros”. L’immagine di partenza è una camera, uno spazio interno che contiene il nostro vissuto quotidiano e la nostra incoscienza: questo luogo è il tramite tra il mondo e l’uomo, una camera mentale con confini indefiniti e variabili: non è più un rifugio ma un luogo di inquietudine. Le tende sono semi-tirate, il viaggio interiore e esteriore procedono insieme: Ebdòmero rema metafisicamente nella sua stanza, compie un viaggio interiore ma il ritorno a casa, come per Ulisse, non lo porta al riconoscimento dei luoghi ma alla spinta verso la coscienza della realtà di ciò che lo circonda. In sconfinati spazi, in cui cercare di esprimere la differenza fra ciò che sono e ciò che sentono a contatto con gli altri. La ricerca risulta infruttuosa perché sarebbe bastato scandagliare la camera da cui si è partiti per capire e stringere relazioni più forti. Attraverso la sua quotidianità il danzatore, come Ulisse, ritorna alla propria dimensione: un luogo abbandonato e ritrovato: vi ritorna trasformato, dopo un lungo viaggio che è, prima di tutto, condivisione della mente.